Carissimo *,
non ci sono parole per scusarmi. Spero di non averti fatto stare in pensiero in questo lungo tempo in cui non ti ho scritto, è passato quanto, più di un mese? e a me lo stesso sembra ieri che ricevevo la tua lettera dopo averla aspettata, ora posso confessartelo, con terribile impazienza.
[…]
La mia vita ha cominciato ad andare al doppio della velocità: l’università, la musica, i miei rapporti si sono infilati in un lungo imbuto che rapidissimo mi ha scolato fino a qui da dove ti scrivo.
E’ vero, è passato tanto tempo, ma ti ho pensato molto più spesso di quanto tu possa credere, e ora, mio caro *, posso dirti che sto meglio rispetto all’ultima volta che hai ricevuto mie notizie.
Qualcosa è cambiato. La malinconia che imbeveva la mia ultima lettera c’è ancora, ancora quelle ore in cui senza rendermene conto piango e vorrei non essere, in cui mi sento sovrastare da qualcosa di oscuro e più grande di me e quasi mi sembra che la vita mi si divorerà a brandelli, ma adesso la mia pelle si è avvolta in una convinzione a cui era impensabile che potessi arrivare per mezzo di terzi: la mia vita mi ama, la mia vita è a sua volta realmente amabile per la pienezza che la riempe, per l’eccezionalità degli incontri che ho fatto e le sue incredibili presenze, per quelle cose nell’esistenza che mi esaltano, eccitano, attirano, seducono.
Con tutto quello che al mondo non aspetta nient’altro che essere scoperto, essere sentito, è impensabile che io mi ripieghi su me stessa e mi distrugga nelle rappresentazioni del mio ego, nei pregiudizi che precedono la vita della carne, nella noia del trovarmi inadatta alle mie ed altrui aspettative, nella rabbia intollerante.
C’è ora in me un intenso, sincero amore per il tempo del desiderio: ho ripreso a leggere tanti libri, in continuazione, ascolto musica come mi sembra non averla mai sentita prima, mi lascio stupire dalle persone, persa fra le foglie autunnali tutto intorno.
Dalla mia quotidianità si sono allontanati in molti, per mio o loro volere oppure per necessità causale: alcuni li credevo importanti e, in quel bel quadro che avevo dipinto in mente, irrinunciabili – in realtà quanto c’era di buono nei sentimenti che a loro mi legavano sbiadiva di fronte alle distanze che la mia vita ha preso da quelli che non sono fatti della carne, bensì solo parole del cervello, belle idee da accarezzare.
Una cosa che già ti scrissi nella mia ultima lettera è ancora viva: sento che una parte di me si è fatta definitivamente diversa da quanto ha vissuto fino ad adesso, da quanto sono stata abituata a vivere.
Ci sono sentimenti che mi sono divenuti insopportabili ormai – le retoriche dell’amicizia, l’orgoglio dell’amore, gli imprescindibili affetti familiari; molte delle dinamiche in cui, mi dicono, dovrei incastrarmi, ma mi vanno davvero troppo strette; le parole che mi chiedono di usare, da cui le mie passioni fuggono quando cerco di appiccicarle loro addosso.
Ciò che provo, che è così cristallino – non nella bocca! proprio nel corpo, nei suoi gesti, nella vita concreta, nel vedere come sto diventando me – molti l’hanno allontanato e i più lo allontanano tuttora.
Ma mio caro *, * che sa quello che dico quando parlo del piacere della condivisione, della voglia di altro, amico mio! Io ho la viva speranza che, quando riuscirò a non avere più paura del mondo e questi potrà finalmente avvicinarsi senza che io fugga in lacrime per amore di me stessa, sarò così bella e nuda che alla gente piacerà avermi intorno perchè avrò cambiato, nel mio piccolo, qualcosa di enorme che da tempo non funzionava: l’infelicità di un mondo dove i sentimenti, l’amore soprattutto, sono solo ennesimi oggetti da tenerti vicino nei cent’anni che speri di campare, smangiucchiandoli annoiato con gli occhi socchiusi nel crepuscolo del desiderio.
[…]
Ti abbraccio forte.
Bianca